Reati ambientali, responsabilità delle persone giuridiche e norme UE
A dieci anni dall'entrata in vigore del D.Lgs. n. 231/2001 sulla disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società delle associazioni anche prive di personalità giuridica, il legislatore delegato ha recepito nell'ordinamento italiano la direttiva 2008/99/CE, sulla tutela penale dell'ambiente.
Nonostante il mancato completo riordino dei reati ambientali presupposto della responsabilità degli enti, e la non obbligatorietà dell'adozione di modelli organizzativi idonei alla ragionevole prevenzione del rischio reato, la novità legislativa costringerà le imprese a valutare attentamente la necessità di progettare, o meno, (anche) le modalità di gestione del rischio ambientale.
La direttiva 2008/99/CE: il ricorso al diritto penale dell’ambiente:
Dopo anni di discussioni sulla necessità e/o validità dell’adozione di strumenti anche penali nel settore del diritto dell’ambiente, considerati dai più meno incisivi delle sanzioni amministrative pecuniarie, più “efficaci” nel tutelare l’ambiente perché in grado di colpire gli imprenditori nel cuore dei loro interessi economici, con la direttiva 2008/99/CE il Parlamento europeo e il Consiglio hanno ritenuto che il ricorso al diritto penale dell’ambiente costituisse una misura indispensabile nella lotta contro le violazioni ambientali gravi.
Mossi dalla preoccupazione legata all’aumento dei reati ambientali e alle relative conseguenze, “che sempre più frequentemente si estendono al di là delle frontiere degli Stati in cui i reati vengono commessi”, il Parlamento e il Consiglio hanno quindi ritenuto necessario un rafforzamento della tutela dell’ambiente attraverso la previsione di sanzioni penali che, oltre ad essere “indice di una riprovazione sociale di natura qualitativamente diversa rispetto alle sanzioni amministrative o ai meccanismi risarcitori di diritto civile”, sono maggiormente dissuasive per le attività che danneggiano l’ambiente.
In particolare, l'articolo 3 della direttiva prevedeva che gli Stati membri dovessero punire con sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive tutta una serie di condotte (in materia di scarichi idrici, emissioni in atmosfera, gestione dei rifiuti, uccisione, distruzione, possesso, prelievo e commercio di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette), senza tuttavia indicare l’entità delle stesse, ma lasciando ampia libertà agli Stati membri, per quanto concerne la misura dei divieti, da introdurre nelle legislazioni nazionali in fase di recepimento della direttiva 2008/99/CE.
Il recepimento italiano: il D.Lgs. n. 121/2011:
Il nostro legislatore ha recepito la direttiva sulla tutela penale dell’ambiente con il consueto ritardo (la scadenza era prevista per il 26 dicembre 2010) con il D.Lgs. 7 luglio 2011, n. 121, che tuttavia non ha effettuato quel riordino della materia concernente i reati ambientali che ci si aspettava.
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(tratto da IPSOA)