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Acqua - Nozione di scarico

SENTENZA AMBIENTALE

Autorità: Cass. Pen.

Data: 13/05/2008

n. 19205

A seguito della nuova nozione di scarico introdotta dal D.Lgs. 4/08 correttivo del Testo Unico Ambientale, è stato limitato l’ambito di applicazione della fattispecie penale di cui al vigente art. 137 del D.Lgs 152/06, quale conseguenza della effettuazione di scarichi di acque reflue industriali senza la prescritta autorizzazione, riportandola sostanzialmente a quella originariamente prevista dal D.Lgs 152/99 ed, anzi, eliminando definitivamente alcune incertezze interpretative che erano derivate dalla definizione riportata nel citato decreto.

 

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata il Tribunale di Verbania ha affermato la colpevolezza di Ollio Massimiliano in ordine al reato di cui all’art. 59, comma primo, del D.Lgs n. 152/99, ascrittogli perché, quale titolare della ditta MD S.r.l., effettuava uno scarico di reflui industriali sul suolo senza la prescritta autorizzazione.

Il giudice di merito ha accertato in punto di finto che a seguito del bloccaggio di una pompa si era verificata la fuoriuscita di reflui produttivi sul suolo.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato, che la denuncia per violazione di legge e vizi della motivazione.

Motivi della decisione

Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione dell’art.. 59, comma primo, del D.Lgs n. 152/99.

Premesso in punto di fatto che tutti i reflui derivanti dalla attività di pulitura e brillantatura di metalli esercitata dalla azienda vengono immessi in vasche di raccolta e che la fuoriuscita dei reflui da una delle vasche di raccolta era stata determinata dalla accidentale ed improvvisa avaria di una pompa, si deduce che lo scarico di cui alla contestazione non poteva essere qualificato discontinuo, trattandosi di un’immissione occasionale, sicché il fatto non poteva essere ricondotto nella ipotesi contravvenzionale di cui alla disposizione citata, come modificata dal D.Lgs. n. 258/2000.

Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia la sentenza per mancanza o manifesta illogicità della motivazione.

Si deduce che il giudice di merito ha dato atto che la tesi difensiva sostenuta dall’imputato si palesa “corretta in astratto”, ma ne ha affermato egualmente la colpevolezza, senza specificare compiutamente i motivi della decisione.

Si aggiunge che la stessa sentenza ha riconosciuto la natura fortuita dell’evento, sicché il giudice di merito avrebbe dovuto ritenere applicabile la causa di non punibilità di cui all’art. 45 c.p..

Con l’ultimo motivo il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione degli art. 132, 133 e 175 c.p.

Con il motivo di gravame viene censurata l’entità della pena inflitta, potendo la stessa essere commisurata al minimo edittale, in considerazione della incensuratezza dell’imputato e della lieve gravità del fatto.

Peraltro, si rileva che la statuizione sul punto è altresì errata, avendo il giudice di merito determinato in motivazione la pena nella misura di € 600,00 di ammenda, mentre con il dispositivo è stata inflitta la pena di € 700,00 di ammenda; che inoltre l’imputato poteva beneficiare della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale.

Il primo motivo di ricorso è fondato.

Nella vigenza del D.Lgs 11 maggio 1999 n. 152, come modificato dal D.Lgs 18 agosto 2000 n. 258, è stato reiteratamente affermato da questa Suprema Corte che la nozione di scarico di cui all’art. 2, primo comma lett. bb), del predetto decreto presuppone l’esistenza di un sistema di immissione, sia pure funzionante in modo discontinuo, del refluo in corpi ricettori ovvero nel suolo, sottosuolo o acque superficiali, mentre la immissione del tutto occasionale di reflui senza alcun sistema di adduzione esula dalla nozione di scarico con la conseguente inapplicabilità della normativa richiamata. (cfr. sez. III, 200416720, Todesco, RV 228208; sez. III, 200416717, Rossi, RV 228027).

L’art. 74, primo comma lett. ff), del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 aveva, invece, ampliato la nozione di scarico, definendo con tale termine: “qualsiasi immissione di acque reflue in acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque previsti all’articolo 114”.

Si palesa, quindi, evidente che mediante la riportata nozione di scarico veniva ad essere esteso l’ambito di applicazione della fattispecie penalmente rilevante, quale conseguenza della inosservanza degli obblighi imposti dalla legge per la immissione di acque reflue industriali, sicché di tale modificazione doveva tenersi conto ai fini della individuazione della nonna più favorevole ex art. 2c.p..

Con la recentissima di riforma di cui al D.Lgs 16 gennaio 2008 n. 4 è stata, però, ulteriormente riformulata la nozione di scarico di cui all’art. 74, primo comma lett. ff), del D.Lgs n. 152/06, essendo stata definita con tale termine dall’art. 2 (contenente modifiche alla parte terza e quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152), comma 5,: “qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione de! refluo con il corpo ricettore.”

La riforma legislativa ha, quindi, nuovamente limitato l’ambito di applicazione della fattispecie penale di cui al vigente art. 137 del D.Lgs n. 152/06, quale conseguenza della effettuazione di scarichi di acque reflue industriali senza la prescritta autorizzazione, riportandola sostanzialmente a quella originariamente prevista dal D.Lgs n. 152/99 ed, anzi, eliminando definitivamente alcune incertezze interpretative che erano derivate dalla definizione riportata nel citato decreto.

Passando, quindi, all’esame della fattispecie di cui alla affermazione della colpevolezza dell’imputato, emerge dall’accertamento di fatto riportato in sentenza che lo scarico di cui tratta è consistito nella fuoriuscita occasionale di acque reflue industriali da una vasca di stoccaggio a causa del cattivo funzionamento di una pompa.

Orbene, il fatto accertato, per quanto rilevato in punto di diritto, non integra affatto l’ipotesi contravvenzionale di cui alla contestazione con la conseguenza che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.


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