Congedi e permessi, tante le novità
In caso di aborto dopo il 180° giorno di gravidanza o di morte del bimbo alla nascita, la lavoratrice non sarà più obbligata ad assentarsi dal lavoro per i canonici tre mesi post-parto ma, se le condizioni di salute lo permettono potrà anticipare il rientro al lavoro.
Questa una delle novità contenute nel decreto legislativo approvato dal CDM nella seduta del 9 giugno scorso In caso di aborto dopo il 180° giorno di gravidanza o di morte del bimbo alla nascita, la lavoratrice non sarà più obbligata ad assetarsi dal lavoro per i canonici tre mesi post-parto ma, se le condizioni di salute lo permettono potrà anticipare il rientro al lavoro.
Il decreto legislativo di attuazione dell’articolo 23 della legge n.183/2010, definitivamente approvato dal C.d.M. del 9 giugno scorso aggiunge all’articolo 16 del D.lgs.151/2001 il comma 1-bis che, in deroga all’obbligo di astensione dal lavoro per maternità, consente in tali casi, alle lavoratrici, di riprendere in qualunque momento l’attività lavorativa, con un preavviso di dieci giorni al datore di lavoro e a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario Nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non danneggia la loro salute.
Il nuovo decreto interviene anche sull’articolo 33 del D.Lgs.151/2001, e prevede che la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, possono prolungare il congedo parentale fino agli otto anni di età del figlio con grave handicap, fino ad un massimo di tre anni da fruire sia continuativamente che in modo frazionato.
E’ però necessario che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati, salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza del genitore.
L’articolo 4 del decreto legislativo in commento riscrive il comma 5 dell’articolo 42 del D.lgs.151/2001, alla luce delle decisioni della Corte Costituzionale in materia di congedo per l’assistenza a familiari in situazione di gravità accertata ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.
E’, ora, il coniuge convivente il soggetto deputato alla richiesta del congedo indennizzato, per un periodo massimo di due anni.
In caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente, ha diritto a fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi. In caso di decesso,mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre e della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del congedo uno dei figli conviventi.
Mancando i precedenti soggetti può fruire del congedo uno dei fratelli o sorelle conviventi.
Il congedo può esser chiesto solo se la persona disabile non è ricoverata a tempo pieno, salvo che la presenza costante del familiare sia richiesta dai medici.
Cambia anche il comma 2 del richiamato articolo 42.
Pertanto, in alternativa ai permessi giornalieri fino al compimento del terzo anno di vita del bambino con grave handicap, entrambi i genitori- anche adottivi - potranno fruire dei permessi di cui all’articolo 33 della legge n.104/1992 ( tre giorni mensili), alternativamente, anche in maniera continuativa nell’ambito del mese.