Investigazioni private, tutto ok se Marlowe indaga per se'
Il reato di trattamento illecito di dati personali, previsto dall’art. 167 del d.lgs. n. 196/2003, non è configurabile nel caso in cui i dati personali raccolti e trattati, pur destinati a fini esclusivamente personali, non sono finalizzati ad essere sistematicamente comunicati o diffusi (nella specie, si trattava di un investigatore privato cui era stata sequestrata una penna in cui erano incorporati un microfono ed una telecamera, utilizzata per registrare alcune conversazioni all’insaputa degli interlocutori).
Senza alcun dubbio nuova e di estremo interesse la questione affrontata dalla Suprema Corte con la sentenza qui commentata.
Il tema è quello della tutela del diritto alla “privacy” che, com’è noto, può essere esposto a violazioni da parte di terzi poco rispettosi dell’altrui riservatezza; il problema è, tuttavia, quello di delimitare l’ambito di liceità delle attività di trattamento dei dati personali, in quanto non tutte le invasioni della sfera dell’altrui riservatezza costituiscono illeciti, soprattutto penalmente rilevanti.
La Corte, con la sentenza qui esaminata, si sofferma con la consueta lucidità ad affrontare il problema, giungendo ad affermare l’importante principio di diritto sintetizzato nella massima di cui sopra.
In altri termini, facendo coerente applicazione del principio al caso concreto sottoposto al suo esame, ciò equivale a dire che non è illecito registrare una conversazione perché chi conversa accetta il rischio che la stessa venga registrata, ma è tuttavia violata la privacy se si diffonde la conversazione per scopi diversi dalla tutela di un diritto proprio od altrui.
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( tratto da ipsoa)