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Telemarketing: stop del Garante privacy alle telefonate "mute" - Garante privacy , prescrizioni 06.12.2011

Finalmente il Garante privacy è intervenuto con un provvedimento del 6 dicembre 2011 (come da comunicato stampa del 15 dicembre 2011) di divieto al trattamento dei dati nei confronti di una delle maggiori società fornitrici di energia elettrica e gas del Paese al fine di arginare una delle nuove forme di telemarketing maggiormente invasiva e molesta costituita dal cosiddetto telemarketing muto.

Si tratta di una delle nuove frontiere del marketing telefonico che consiste nelle chiamate di tipo pubblicitario che sono inizialmente mute in attesa che il soggetto interessato, vale a dire il potenziale cliente, venga messo in contatto con il primo operatore disponibile.

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L’obiettivo è quello di eliminare i tempi morti relativi all’attesa della risposta da parte dell’operatore di call center e si risolve, ovviamente, a discapito del potenziale cliente che sarà continuamente disturbato anche con dieci - quindici telefonate immediatamente consecutive sulla propria utenza telefonica, sino a quando non risponderà un operatore di call center disponibile.

L’azione disturbante di questa tipologia di marketing telefonico non è dissimile dal telemarketing tramite fax indirizzati a numeri di telefono (e non di fax) di società che saranno continuamente contattate di solito ogni dieci minuti anche per diverse ore al fine di costringere questa volta la società malcapitata a convertire la linea in fax, laddove possibile, oppure staccare il telefono per poter proseguire l’attività lavorativa.

Il fatto

La fattispecie concreta di cui al provvedimento di divieto del Garante del 6 dicembre 2011 ha tratto origine da una pluralità di segnalazioni avanzate da persone fisiche e giuridiche in cui si lamentava la ricezione di numerose telefonate mute al giorno, telefonate che sono state successivamente ricondotte anche attraverso l’attività ispettiva condotta dal Garante privacy ad una società fornitrice di energie elettrica che impiegava ben nove società di teleseller tutte nominate responsabili del trattamento dei dati.

La banca dati telefonica di cui si avvaleva la società fornitrice di energia elettrica è costituita da numeri di telefono non iscritti nel Registro di Robinson e da una lista acquistata a pagamento da una società che aveva dichiarato che i numeri potevano essere impiegati per finalità di marketing telefonico.

Nessuna regolamentazione né contrattuale né privacy, invece, è intercorsa tra la società di fornitura di energia elettronica, che riveste la qualifica di titolare del trattamento, ed un’altra società che invece è la fornitrice di una piattaforma informatica sulla quale venivano registrati non solo i contatti telefonici tenuti da tutti i teleseller ma addirittura i file audio dei contratti stipulati telefonicamente.

La mancata articolazione dei ruoli privacy con questa ulteriore società che si occupa della gestione della piattaforma informatica da parte del Titolare ha importato l’esecuzione di istruttorie supplementari presso due dei teleseller che hanno provveduto l’uno (in linea astratta correttamente ma non nel caso concreto per le argomentazioni che di seguito si analizzeranno), alla nomina di alcuni tecnici quali incaricati esterni al trattamento della società informativa e l’altra, non correttamente, alla nomina della società informatica quale responsabile del trattamento posto che il teleseller era stato a sua volta nominato responsabile del trattamento ed un responsabile non può nominare altro responsabile (seppur si ritiene legittimo l’impiego degli altri strumenti civilistici che consentono di agire in nome e per conto altrui cui tuttavia il Garante non fa alcun riferimento nei suoi numerosi provvedimenti intervenuti sulla materia).

L’attività di telemarketing muto, per come sopra descritta, è stata considerata illegittima dall’Authority privacy per contrasto con la normativa a tutela dei dati personali.

Articolazione dei ruoli privacy fra i vari soggetti coinvolti nell’operazione di telemarketing muto.

Il Garante privacy ricordando il noto principio in virtù del quale deve essere considerata nulla la nomina a responsabile eseguita da altro soggetto responsabile del trattamento ha ribadito che nel caso concreto deve essere considerata non corretta anche la nomina da parte della società di teleseller come incaricato al trattamento dei dipendenti della società che gestiva la piattaforma informatica per le seguenti ragioni:

- In primo luogo mancava l’esercizio della diretta autorità degli incaricati rispetto alla società nominata responsabile: le considerazioni del Garante, tuttavia, non debbono far giungere a conclusioni affrettate e generiche che inducano a ritenere illegittimi gli atti di nomina ad Incaricato esterno al trattamento dei dati posto che quel che necessita è accertare l’esistenza di un potere direttivo e di controllo sulle attività di trattamento dei dati personali (si pensi ai contratti di subappalto, ai contratti di mandato, ecc.);

- In secondo luogo gli incaricati al trattamento compivano delle operazioni ulteriori rispetto a quelle autorizzate con l’atto di nomina a responsabile del trattamento dei dati del teleseller motivo di per sé bastevole ad escludere la correttezza della nomina ad incaricato esterno al trattamento.

L’Authority ha, inoltre, considerato illegittimo il trasferimento dei dati da parte della società di fornitura di energia e gas alla società di gestione della piattaforma informatica posto che mancava un consenso informato alla comunicazione dei dati tra autonomi titolari del trattamento da un lato.

In alternativa il trasferimento dei dati poteva essere considerato legittimo in presenza di un atto di nomina a responsabile da parte della società nel cui interesse veniva eseguita l’attività di telemarketing.

Si aggiunga che deve essere considerato illegittima non solo l’operazione di comunicazione dei dati dalla società titolare alla società di gestione della piattaforma che pure ha operato come titolare (vista l’assenza di una designazione formale e scritta a responsabile del trattamento) ma anche il successivo trattamento dei dati posto in essere dalla società che gestiva la piattaforma informatica una volta che aveva ricevuto i dati, trattamento che per poter essere legittimo necessitava a sua volta della raccolta preventiva del consenso informato dei soggetti interessati.

Il provvedimento prescrittivo del Garante

Individuati i profili di illiceità del trattamento sopra indicati, il Garante ha emesso un provvedimento di declaratoria di illiceità e prescrittivo:

- Statuendo la declaratoria di illiceità della comunicazione dei dati dal Titolare alla società di gestione della piattaforma informatica mancando il consenso informato suggerendo, tra le righe del provvedimento, di procedere alla nomina a responsabile del trattamento in modo da evitare che anche la società ricevente debba procedere alla raccolta del consenso informato visto che in caso di mancata nomina a responsabile ricomincerebbe la cosiddetta filiera del trattamento;

- Riservandosi di comunicare i fatti di reato all’autorità procedente per violazione dell’art. 168 del Codice privacy, che prevede il delitto di false informazioni al Garante privacy, considerato che una delle società teleseller ha rilasciato informazioni contraddittorie all’Authority durante l’espletamento delle attività ispettive rispetto alla documentazione successivamente rilasciata;

- Riservandosi di attivare un autonomo procedimento sanzionatorio di carattere amministrativo nei confronti della società informatica per il trattamento già eseguito dalla stessa in violazione di legge per aver trattato i dati in assenza del consenso informato dei potenziali clienti.

La parte più interessante del provvedimento è certamente costituita dalla prescrizione, emessa ai sensi dell’art. 154 lett. c) e quindi sanzionabile con una somma che va euro 30.000 ad euro 180.000 nei confronti della società di fornitura di energia e gas:

- Di non riusare il numero di telefono prima di trenta giorni nel caso in cui la telefonata sia muta ossia, come si dice in gergo, abbattuta poiché l’operatore di call center non era disponibile a colloquiare con il potenziale cliente;

- Di rilasciare istruzioni adeguate ai responsabili al riguardo nonchè adottare strumenti idonei da comunicare al Garante.

Suscitano perplessità, tuttavia, le scelte “omissive” del Garante di:

- Non emettere un provvedimento di carattere generale sulla materia poichè l’occasione poteva essere assolutamente opportuna ad arginare un fenomeno che le liste di Robinson non hanno assolutamente arginato;

- Non dare notizia dell’attivazione di un procedimento sanzionatorio anche nei confronti della Società di fornitura di gas ed energia considerato che la comunicazione dei dati all’outsourcer informatico è stata considerata illegittima per mancanza del consenso informato dei soggetti interessati.

Conclusioni

Al di là dei profili privacy chi scrive ritiene che la tematica meriti un ulteriore approfondimento giuridico di tipo penale al fine di verificare se la condotta di cui al telemarketing telefonico muto, per come ordinariamente strutturato (ma anche di altre tecniche promozionali), possa o meno integrare la contravvenzione di molestia di cui all’art. 660 c.p., stante l’elevata azione di disturbo nei confronti dei soggetti interessati, oppure il legislatore possa introdurre nuove fattispecie di reato che possano meglio tutelare i soggetti interessati da queste nuove forme di disturbo della persona la cui invasività è direttamente proporzionata allo sviluppo tecnologico considerata l’inadeguatezza di altre fattispecie delittuose già esistenti (si pensi al delitto ex art. 167 del Codice privacy di illegittimo trattamento dei dati personali che richiede, tuttavia, il dolo specifico).

In caso di mancato adempimento alle misure prescritte la società rischia una sanzione amministrativa che va da 30mila a 120mila euro.

(Garante della Privacy, 15 dicembre 2011)


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