Tutela del software: ogni programma deve avere la sua licenza
Cassazione penale , sez. III, sentenza 15.02.2012 n° 5879
La Corte di Cassazione con la sentenza 15 febbraio 2012, n. 5879 ha affrontato una problematica per la verità molto diffusa nel nostro paese e cioè la violazione del diritto d’autore avente per oggetto un software.
La condotta illecita contestata ad un imprenditore è consistita nella duplicazione di un programma Microsoft di cui era stata acquistata una sola licenza, al fine di farne utilizzo in tutti gli apparecchi aziendali.
La Suprema Corte richiamandosi alle sentenze di primo e secondo grado afferma che sui fatti contestati e asseverati dai risultati peritali l'imputato ha reso piena ammissione, con la conseguenza che, alla luce delle conclusioni della sentenza di appello, tali profili debbono essere considerati fuori discussione e risultano del tutto infondate le argomentazioni difensive che facevano riferimento all’esistenza di una semplice copia di “back up” ed a diverse carenze dell'accertamento tecnico.
Secondo sempre la Corte di Cassazione i giudici di merito hanno correttamente escluso la rilevanza della presenza o meno del marchio Siae e hanno ritenuto che la condotta illecita contestata e accertata consista esclusivamente nella illecita duplicazione dei programmi al fine di essere utilizzati su plurimi apparecchi: si tratta di violazione prevista dalla prima parte del primo comma dell'art.171-bis della legge 22 aprile 1941, n. 633 che parla di “duplicazione abusiva di programmi per elaboratori, al fine di trarne profitto”.
Come è noto, difatti, la legge 22 aprile 1941, n. 633 ricomprende, quindi, nel suo ambito anche la tutela dei programmi per elaboratore elettronico, quali opere dell’ingegno e, di conseguenza, considerati creazioni intellettuali degli autori.
Le norme prevedono per l’autore (o per il titolare dei diritti economici di sfruttamento) il diritto esclusivo della riproduzione “permanente o temporanea, parziale o totale”; quindi il programma non può assolutamente essere riprodotto se non nei limiti specifici in cui l’autore lo ha previsto e consentito. Di conseguenza, al di là dell’ovvio divieto della duplicazione fisica del programma su CD o su altro supporto o elaboratore salvo il diritto alla copia di riserva, sono vietate anche le riproduzioni temporanee (il caricamento e l' esecuzione) del programma.
Anche con riferimento al caso di specie assume particolare rilevanza questo concetto di temporaneità della riproduzione strettamente connesso alle “reti” di computer, nelle quali può essere registrata sul server una sola copia del programma che è però “caricabile” contemporaneamente su più stazioni della rete.
L’utilizzo in rete di un programma per cui non sia prevista tale modalità di utilizzazione è vietata proprio perché è vietato riprodurre temporaneamente un programma. E’ evidente, d’altra parte, che la sola installazione su un server non costituisce, di per sé violazione della normativa sul diritto d’autore, in quanto questa è integrata solo da una duplicazione non autorizzata e, quindi, da un uso effettivo e contemporaneo da parte di più utilizzatori. Tuttavia il produttore del software può imporre nelle sue “condizioni generali” che il software non sia utilizzato in rete e che lo sia solo se tale modalità d'uso sia espressamente autorizzata; la installazione in rete non autorizzata costituirà una violazione contrattuale.
Nel caso di specie, anche se non si fa riferimento all’utilizzo della rete, il concetto è analogo in quanto la duplicazione dei programmi utilizzati su vari e differenti apparecchi ha comunque violato la norma del diritto d'autore: l'imprenditore doveva comprare licenze diverse per ogni singolo computer e non utilizzare la stessa licenza per tutti e nove.