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231: l'organismo di vigilanza

L’organismo di vigilanza (Odv), di cui dall’art. 6, comma 1, lett. b) del D.L.gs. 231/2001, riveste un’importanza fondamentale al fine di eliminare la responsabilità amministrativa dell’ente.
Secondo l’art. 6, infatti, i reati commessi dai soggetti di vertice delle società ed enti non sono punibili se:

Le modifiche apportate dalla legge di stabilità all'¿art. 6 del D.L.gs. 231/2001 prevedono che, nelle società di capitali, le funzioni dell'organismo di vigilanza di cui alla lett. b) del primo comma possano essere svolti: dal collegio sindacale, dal consiglio di sorveglianza e dal comitato per il controllo della gestione.

 1. Prima della commissione del reato, l’organo dirigente adotta e attua uno o più modelli di organizzazione e gestione atti a prevenire i reati della specie di quello verificatosi

2. Viene affidato, ad un organismo di vigilanza dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo, il compito:

a. Di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli

b. Curare il loro aggiornamento;

3. Il reato è stato commesso eludendo fraudolentemente i suddetti modelli di organizzazione e gestione;

4. L’organismo di vigilanza non ha adeguatamente svolto i propri compiti.

Se l’Odv non viene istituito, o non funziona a dovere, l’esimente prevista dall’art. 6 non può dunque operare.

La stessa norma, però, al comma 4, prevede che, negli enti di piccole dimensioni, i compiti di tale organismo possono essere svolti direttamente dall'organo dirigente.

L’organismo in questione svolge pertanto funzioni ben diverse da quelle attribuite al collegio sindacale cui spetta, invece, il controllo sulla legittimità dell’operato della società.

Nonostante ciò, la L.12 novembre 2011 n. 183 (c.d Legge di stabilità per il 2012), pubblicata nel Supplemento Ordinario n. 234 della G.U. del 14 novembre 2011, ha previsto che nelle società di capitali le funzioni dell’Organismo di vigilanza possono essere svolte dal collegio sindacale o, per quelle che adottano altri sistemi di corporate governance, dal consiglio di sorveglianza e dal comitato per il controllo di gestione.

Questa novità deve tuttavia essere messa a sistema con le modifiche apportate dalla stessa legge alla composizione del collegio sindacale e cioè, in sintesi, con la previsione che detto organo, nelle S.p.A. di minori dimensioni e nelle S.r.l., possa essere costituito da un sindaco unico.

Nelle S.p.A. l’organo monocratico è ammissibile se l’ammontare dei ricavi o del patrimonio netto è inferiore a un milione di euro, a condizione, però, che vi sia una specifica previsione statutaria.

Nelle S.r.l., invece, l’art. 2477 del codice civile è stato completamente riscritto, a cominciare dalla rubrica: “Sindaco e revisione legale dei conti”, per finire con il testo della norma in cui tutti i precedenti riferimenti al collegio sindacale sono stati sostituiti con quelli al sindaco unico.

Poiché gli interventi in commento sono contenuti nell’art. 14 della Legge di stabilità per il 2012, e quindi avrebbero come obiettivo la riduzione degli oneri amministrativi per imprese, viene da domandarsi se sia ammissibile l’attribuzione delle funzioni dell’Organismo di vigilanza al nuovo collegio sindacale monocratico.

Un’interpretazione letterale del nuovo comma 4-bis dell’art. 6 del DLgs. 231/2001 sembrerebbe escludere tale ipotesi, in quanto la norma si riferisce unicamente al collegio sindacale e non anche al nuovo sindaco unico.

Se ne dovrebbe concludere che l’attribuzione al collegio sindacale delle funzioni dell’Organismo di vigilanza potrà aversi solo nei soggetti di maggiori dimensioni che, come tali, non possono ricorrere al sindaco unico.

Ma in tal modo, dalla semplificazione in oggetto verrebbero escluse proprio quelle società che, in virtù della minore complessità aziendale, potrebbero trarre vantaggio, in termini di minori costi, da una riduzione degli organi preposti ai controlli.

Oltretutto, il dato dimensionale non pare essere poi così determinante nella visione del Legislatore se si considera che, nel caso delle S.r.l., il collegio sindacale sembra del tutto scomparso e che quindi, anche società di rilevanti dimensioni, purché costituite in tale forma, potranno operare sotto il controllo del sindaco unico.

La sopravvivenza del collegio sindacale nelle S.r.l. potrebbe, forse, verificarsi nei casi previsti dal secondo e terzo comma dell’art. 2477 codice civile, che rendono obbligatoria la nomina del sindaco quando:

1. Il capitale sociale non è inferiore a quello minimo stabilito per le società per azioni;

2. La società:

a. E’ tenuta alla redazione del bilancio consolidato;

b. Controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti;

c. Per due esercizi consecutivi ha superato due dei limiti indicati dal primo comma dell’art. 2435-bis.

Ora, poiché il quarto comma del medesimo articolo prevede che le disposizioni in tema di società per azioni debbano applicarsi nei casi appena elencati, se la società dovesse superare anche i limiti dimensionali previsti per le S.p.A. dal nuovo art. 2397, si dovrebbe ritenere che la S.r.l. sia obbligata a nominare il collegio sindacale.

Contro tale interpretazione, però, sembrano ostare la rubrica e testo dell’art. 2477, ove si parla solo di sindaco e mai di collegio sindacale.

Alla luce di quanto sopra esposto, le funzioni dell’Organismo di vigilanza potranno essere svolte:

1. Nelle S.p.A. di maggiori dimensioni:

a. Da un organismo dedicato

b. Dal collegio sindacale;

2. Nelle S.p.A. di piccole dimensioni:

a. Da un organismo dedicato;

b. Dall’organo dirigente;

c. Dal collegio sindacale, se nominato;

3. Nelle S.r.l.;

a. Da un organismo dedicato

b. Dall’organo dirigente, solo per quelle di piccole dimensioni.

L’eliminazione dell’Odv, con attribuzione delle relative funzioni all’organo dirigente o al collegio sindacale, ove consentita, deve comunque essere attentamente valutata tenendo conto;

a. Della numerosità e complessità dei modelli organizzativi adottati;

b. Della convenienza ad attribuire dette funzioni a soggetti esterni alla società.

In relazione al primo punto, si deve considerare che il continuo ampliamento degli illeciti per i quali le società possono essere chiamate a rispondere ai sensi del D.L.gs. 231/2001 (da ultimo sicurezza sul lavoro e antiriciclaggio), può richiedere l’adozione di più di un modello organizzativo, ciascuno dedicato alla prevenzione di una specifica categoria di reati, anche per compensare, in parte, l’elevata discrezionalità riconosciuta ai giudici penali nella valutazione dell’idoneità dei modelli adottati.

Sotto il secondo profilo, invece, vale la pena di ricordare l’Ordinanza GIP del Tribunale di Roma del 4 aprile 2003 che ha sottolineato l’auspicabilità di un Organismo di vigilanza composto da soggetti non appartenenti agli organi sociali al fine di assicurarne l’autonomia dei poteri di iniziativa e controllo, giungendo a suggerirne l’individuazione, eventualmente ma non necessariamente, anche in collaboratori esterni.

Pertanto, ove si ricerchi la massima compliance con le previsioni del D.L.gs. 231/2001, per sfruttare il più possibile le esimenti di cui all’art. 6, rimane consigliabile ricorrere ad un autonomo Organismo di vigilanza.


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