Perché il documento di valutazione dei rischi è un obbligo in delegabile
Nota a Cass., sez. IV Pen., 28 gennaio 2009, n. 4123; l'attribuzione di responsabilità a violazioni di norme prevenzionistiche nelle imprese di grandi dimensioni: l'organizzazione interna e i limiti della delega.
La sentenza in esame rappresenta una delle prime decisioni rese dalla Suprema Corte dopo l'entrata in vigore del d.lgs. 81/2008.
I giudici sono stati chiamati a decidere, nell'ambito dell'iter giudiziario seguito allo spaventoso incidente verificatosi all'interno dei locali della Thyssenkrupp di Torino, sulla fattispecie di reato di incendio colposo (art. 449, comma 1, c.p.) ascritto al Presidente del Comitato Esecutivo dell'azienda nonché titolare delle deleghe in materia di sicurezza e igiene del lavoro, concludendo per la colpevolezza dell'imputato e sostanzialmente confermando le sentenze rese dai giudici di primo grado e della Corte d'Appello.
Il reato era stato contestato in quanto il Presidente del C.E. avrebbe “omesso di individuare le misure di prevenzione e protezione da adottare contro il rischio incendio” e non avrebbe segnalato “la necessità di interventi costosi per fronteggiare l'imminente rischio di incendio”.
Sostanzialmente la difesa dell'imputato si basava sui seguenti punti:
a) l'attività “maldestra” dei Vigili del Fuoco: sarebbero stati gli stessi operatori intervenuti, attuando procedure errate (come l'apertura di alcune botole con la conseguente immissione di aria che ha favorito la combustione e l'introduzione di acqua nelle vasche di raccolta, che avrebbe provocato il traboccamento dell'olio), a trasformare il fuoco (che ab origine non avrebbe avuto le caratteristiche della vastità, diffusione e difficoltà di estinzione) in incendio;
b) l'art 41, comma 2, c.p.: in conseguenza di quanto detto sopra, l'intervento dei Vigili del Fuoco sarebbe stata causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l'evento;
c) la validità delle deleghe conferite dall'imputato ad altri funzionari dell'azienda in materia di sicurezza: tali deleghe, secondo l'imputato, erano perfettamente valide ed efficaci in quanto non riguardavano attività non delegabili (elaborazione del documento di valutazione dei rischi e nomina del Responsabile del servizio di prevenzione e protezione); dunque, se qualche responsabilità poteva essere rilevata, essa avrebbe dovuto essere ascritta ai funzionari delegati dall'imputato.
Tralasciando l'analisi dei punti sub a) e b), soffermiamoci sul terzo punto.
Dal punto di vista fattuale, le risultanze probatorie richiamate dai giudici della Corte di Cassazione hanno evidenziato che la tragedia è stata il risultato dell'inadeguatezza dei presidi antincendio: come è stato dimostrato dal consulente della pubblica accusa, infatti, i locali sottostanti il laminatoio (in cui l'incendio si è sviluppato) non erano compartimentati (e non lo erano neppure quelli adiacenti); inoltre mancava nei locali aziendali qualsiasi sistema di intervento ad attivazione automatica.
I rilevatori di fumo, che pure erano regolarmente esistenti, non erano entrati in funzione: è stato provato che, se fosse stato approntato un sistema ad attivazione automatica, come per esempio un sistema video o a circuito chiuso, come rileva la Corte, il pericolo sarebbe stato percepito prontamente e gli strumenti predisposti per l'eliminazione/abbassamento del rischio (i rilevatori di fumo) avrebbero funzionato sistematicamente.
Dal punto di vista di diritto, poi, secondo i giudici le deleghe conferite dal Presidente del C.E. agli altri funzionari dell'impresa, seppur valide ed efficaci secondo quanto stabilito dai principi giurisprudenziali (e oggi dall'art. 16 del d.lgs. 81/2008), nel caso in esame non valevano a trasferire sui soggetti terzi l'obbligo di sicurezza imposto dalla legge in capo all'imputato, che quindi rimaneva e rimane responsabile.
(...)
(Tratto da www.diritto.it)