La priorità dei dispositivi di protezione collettiva su quelli individuali
La suprema Corte di Cassazione, IV Sezione Penale, con la sentenza n. 34789 del 27 settembre 2010 ha affermato l'importante principio che l'uso dei dispositivi di protezione collettiva è prioritario rispetto a quello dei dispositivi di protezione individuale. Se i mezzi di protezione individuale forniti ai lavoratori, sostiene la Corte, si dovessero rivelare inadeguati a garantire la massima sicurezza e se sia comunque possibile raggiungere un più elevato livello di tutela attraverso la fornitura di mezzi collettivi di protezione la mancata adozione di questi ultimi costituisce colpa a carico del datore di lavoro se l'evento infortunistico risulta collegato al dispositivo di protezione individuale inadeguato.
Giova ricordare, preliminarmente, che per dispositivi di protezione collettiva (Dpc) si intendono tutti i sistemi che, riducendo o eliminando il pericolo alla fonte, limitano il rischio di esposizione del lavoratore. Cappe chimiche, reti di sicurezza, cabine di sicurezza microbiologica, sistemi di sterilizzazione, contenitori per taglienti, docce e lavaocchi d'emergenza, sono tipici esempi di Dpc.
La sentenza riportata offre lo spunto per una riflessione sulla tematica che, in realtà, è ben evidenziata anche dalla vigente normativa prevenzionale. L'articolo 15, comma 1, lett. i) del D.Lgs. 81/08 mette infatti in chiara evidenza che il datore di lavoro, nella definizione delle misure generali di tutela, deve dare "la priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale".
Del resto, sebbene in alcuni casi la protezione individuale non ammette alternativa, come per esempio in un lavoro subacqueo, nello spegnimento di un incendio, nella costruzione di un ponteggio, in altri casi, molto più numerosi, per eliminare o ridurre il rischio c'è la possibilità di mettere in atto sia una protezione di tipo collettivo sia una protezione di tipo individuale, come per esempio nella difesa contro i fumi di saldatura, o nei lavori in quota per la riparazione di un tetto a falde.
Dato per scontato che la realizzazione a regola d'arte costituisca la base comune di qualsiasi misura di prevenzione, l'adozione di una misura di protezione individuale in generale evita o diminuisce i rischi in modo meno efficace rispetto alle misure di protezione collettiva soprattutto perché la sicurezza del sistema dipende dal comportamento dei singoli lavoratori e dalla vigilanza del datore di lavoro e perché molto spesso la protezione individuale comporta una riduzione del rischio meno efficiente di quella collettiva, come ad esempio l'elmetto rispetto alla tettoia per un ferraiolo che opera sul banco di piegatura dei tondini di un cantiere.
Non a caso numerose sono le norme contenute nel D.Lgs. 81/08 che fanno esplicito riferimento alla necessità di un utilizzo preventivo dei dispositivi collettivi di protezione rispetto a quelli individuali. Quand'anche il riferimento non è esplicito le norme pongono sempre i dispositivi collettivi come prima opzione da prendere a riferimento rispetto a quelli individuali.
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Pierpaolo Masciocchi-Ilsole24ore-10/03/2015